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Augusta: Un eroe per caso
Inserto
Inserto pubblicato da Francesco Carriglio ad Aprile 2004
Sono il Cav. Tommaso Cantone, e voglio raccontarvi la storia che mi ha portato a diventare “Un eroe per caso”, un eroe che fu maltrattato e insultato. Il racconto risale all'estate del 1943, anzi con precisione il 12 luglio del 1943, gli alleati si preparavano a sbarcare in Sicilia, l’operazione fu preceduta da un attacco massiccio di aerei bombardieri e di navi di grande tonnellaggio che con potenti cannoni bombardavano la costa e le difese nemiche al fine di proteggere le azioni dei mezzi da sbarco dei Marines. Ad Augusta quasi tutta la cittadinanza era sfollata, in città erano rimasti i militari e solo quanti erano preposti ai servizi essenziali. Nelle case di campagna lungo il crinale di Monte Tauro, dove peraltro erano state installate alcune batterie costiere affidate alla “Milmart” [Milizia
Artiglieria Marittima], si scavavano rifugi, si puntellavano i muri principali delle abitazioni rurali, si modificavano anfratti naturali per rifugiarsi e per proteggersi da eventuali attacchi aerei. Una mattina insieme alla mia famiglia ed alcuni vicini di casa mi trovavo nella località Monte Pergola; qui trovavamo ogni giorno riparo dai bombardamenti inglesi dentro il ventre di una collinetta, realizzata con fatica e con sudore da me e da i miei fratelli. All’epoca avevo solo sedici anni ed il petto gonfio di audacia. Non esitai neanche un secondo quella mattina del 1943 alla vista di tre navi nemiche pronte a far fuoco sul Monte Pergola. Il sibilo dei proiettili mi frastornava, fu un attimo, non c’era tempo da perdere: raccolsi tutto il mio coraggio ed un vecchio lenzuolo di casa che cominciai a sventolare dalla costa nella speranza che gli inglesi si accorgessero del “segnale di pace”. Andò bene, il cannoneggiamento cessò di colpo, gli inglesi non spararono più. Gli amici ed i parenti mi vennero incontro baciandomi, sollevandomi sulle spalle e gridando “sei un eroe”. Con il corteo giunsi al cospetto di mio padre il quale non gradendo il mio gesto mi maltrattò ed insultò. Il gesto di mio padre era dettato dallo stato di tensione che gli avevo causato esponendomi al pericolo. Per diverso tempo non raccontai questo episodio, avevo timore che i signori politici del dopoguerra non avrebbero compreso il mio gesto: sventolare quel lenzuolo bianco al cospetto delle navi inglesi. Paura che il mio gesto venisse frainteso come accoglienza agli inglesi, invece che “tregua, pace”. Sono stato fortunato; ho seguito l’arco temporale dalla preistoria alla avanzata tecnologia, ho conosciuto i morsi della fame, l’autarchia e il rigore, ho calzato scarpe di corda fatte da mia madre ed infine ho goduto del benessere portato dagli anglo-americani.
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